testi di Fabrizio Billi, Andrea Daltri e Daniela Negrini
Introduzione
Movimento-assemblea-occupazione: tre parole chiave che deflagrano all’Università di Bologna nel 1968, seppur già collaudate l’anno precedente, con le prime contestazioni del progetto di legge Gui sulla riforma universitaria.

(foto di Luciano Nicolini – Archivio storico dell’Università di Bologna)
Il movimento raccoglie i fermenti critici degli studenti che nelle assemblee discutono e mettono ai voti proposte e strategie di lotta, con posizioni molteplici e sfumate, ma convergenti verso obiettivi definiti. Primo fra tutti l’abbattimento dell’autoritarismo accademico, caratterizzato da una univoca e acritica trasmissione del sapere, priva di analisi e discussioni condivise durante le lezioni. La richiesta è di un profondo rinnovamento, con l’adozione di strumenti nuovi di approfondimento delle discipline, come i seminari o i gruppi di studio, dove si realizzi un confronto più aperto e dinamico tra docenti e studenti.

1968 (Fondazione Gramsci Emilia-Romagna)
“Tutto il potere all’assemblea!” è uno slogan assertivo che definisce una nuova forma di partecipazione politica collettiva, superando quelle di rappresentanza studentesca tradizionali e sostituendo a esse l’assemblea, come portavoce del movimento e unico interlocutore del potere accademico.

1968-69 (Archivio storico dell’Università di Bologna)
Dal disagio interno alle università a quelli che agitano l’intera società, la contestazione studentesca tutto ingloba, mettendo in discussione antichi equilibri e ruoli definiti. Il movimento degli studenti si fa agente politico di ampi orizzonti: dalla discriminazione sociale ed economica negli accessi all’università, all’unità di lotta con gli operai, alle battaglie internazionaliste e per il terzo mondo, prima tra tutte quella contro la guerra in Vietnam. Le lotte, tra ideali e utopie, si espandono, sostenute da una gioventù studentesca numerosa, figlia di un benessere diffuso, aperta a contaminazioni culturali planetarie; quei giovani maturano consapevolezze nuove, prima tra tutte quella di poter essere essi stessi i protagonisti di una stagione di profonde trasformazione nella società. Recita il Libro Bianco degli studenti di Magistero: “La conquista del nuovo orizzonte politico ha significato per noi, sul piano pratico, una nuova impostazione, sia del metodo di gestire la lotta, sia degli strumenti coi quali organizzarci per condurla”.
Tutto il potere all’ assemblea
La rapida affermazione del movimento studentesco come nuovo soggetto politico introduce una cesura irreversibile nella vita universitaria, che segna la fine delle precedenti forme di rappresentanza e di autogoverno degli studenti.

26/1/1967 (Archivio UFO)
Il movimento studentesco, sul duplice versante, privato e collettivo, di molti percorsi individuali e della pregressa sperimentazione di forme di partecipazione politica, ha indubbiamente tra i suoi diversi terreni di coltura anche l’ambito goliardico. La discontinuità con le pratiche e le ritualità del passato è però netta. Con il montare della protesta studentesca l’Organismo rappresentativo universitario bolognese (ORUB), eletto per l’ultima volta nell’aprile 1967, perde rapidamente ogni consenso e credibilità venendo di fatto sfiduciato e scavalcato dallo spontaneismo delle prime agitazioni.

1967 (Archivio storico dell’Università di Bologna)
Parallelamente al rifiuto dei vecchi “parlamentini” studenteschi e al rigetto dell’istituto della delega si afferma la nuova forma assembleare come ambito collettivo di discussione e di elaborazione politica e come unico organismo autenticamente rappresentativo delle istanze degli studenti. L’assemblea generale, nelle sue molteplici declinazioni (d’Ateneo o all’interno delle singole facoltà), non costituisce soltanto il luogo fisico della pratica politica del movimento studentesco ma si configura anche come il solo soggetto che è di fatto legittimato a intrattenere rapporti con le autorità accademiche e il corpo docente.

24/4/1968 (Archivio storico dell’Università di Bologna)
Le Occupazioni
Il ’68 degli studenti universitari bolognesi inizia già nei primi mesi del 1967. Negli ultimi giorni di gennaio vengono occupati in rapida successione diversi istituti e l’aula magna dell’Ateneo, provocando il rinvio dell’inaugurazione dell’anno accademico.

1969 (Archivio storico dell’Università di Bologna)
Per un triennio, fino all’autunno del 1969, il ritmo delle occupazioni cadenzerà la vita universitaria coinvolgendo a più riprese tutte le facoltà e lo stesso rettorato, obiettivo simbolico privilegiato dalla protesta studentesca.

1969 (Archivio storico dell’Università di Bologna)
L’esperienza più significativa ha come teatro l’Istituto di Fisica, che resterà occupato ininterrottamente per 66 giorni, dal 27 febbraio al 2 maggio ’68. Se da un lato la stagione delle occupazioni favorisce la crescita organizzativa del movimento studentesco e la sperimentazione di nuove forme di socialità, dall’altro il frequente blocco dell’attività didattica e la sospensione delle sessioni di esame e di laurea provoca la reazione non solo delle autorità accademiche e della maggioranza del corpo docente, ma anche di settori dello stesso mondo studentesco, che vedono compromessa la propria carriera universitaria dal perdurare dello stato di agitazione.

1968 (foto di Luciano Nicolini – Archivio storico dell’Università di Bologna)

21/5/1967 (foto di Luciano Nicolini – Archivio storico dell’Università di Bologna)
Alla progressiva radicalizzazione dello scontro corrisponde il sempre più frequente intervento repressivo delle forze di polizia, nello sgombero dei locali occupati e nella gestione dell’ordine pubblico durante le manifestazioni studentesche: arresti, processi e condanne colpiranno diversi esponenti del movimento.

14/3/1968 (Archivio di Stato di Bologna)
Le reazioni
La contestazione spariglia anche i consolidati equilibri accademici: parallele a quella degli studenti iniziano le rivendicazioni di incaricati, assistenti, liberi docenti, tutti componenti del corpo docente fino ad allora emarginati dagli organismi decisionali, nei quali in pochi mesi verranno cooptati.

7/5/1968 (Archivio storico dell’Università di Bologna)
Mentre questa frattura interna al corpo accademico viene presto riassorbita, le posizioni dei professori rispetto alle rivendicazioni e ai metodi di lotta degli studenti restano molto diversificate, tra chi sostiene una linea dura che metta fine alle occupazioni e chi appoggia invece la ricerca di un comune terreno di dialogo. Tra questi, il prof. Ceccarelli, direttore dell’Istituto di Fisica, che si dimette dichiarando solidarietà agli occupanti, e un nutrito gruppo di docenti, firmatari di un documento in cui denunciano il disegno repressivo che si starebbe delineando contro gli studenti.

10/5/1968 (Archivio storico dell’Università di Bologna)
Molte sono, sull’altro fronte, le posizioni contrarie ai metodi di lotta del movimento e molti sono gli appelli affinché le occupazioni finiscano e lo svolgimento di lezioni ed esami torni regolare. Posizione sostenuta anche da alcuni studenti e d parte della stampa cittadina.

17/10/1968 (Archivio di Stato di Bologna)
L’Università è scossa profondamente dal tumulto che la investe e fatica a trovare soluzioni conciliatrici, tanto che il rettore Felice Battaglia decide di dimettersi già nel marzo del ’68. La sua lettura degli avvenimenti intuisce le inquietudini profonde che il movimento studentesco ha portato alla luce («non si tratta di esuberanza giovanile … la crisi è più vasta e profonda e riguarda la società stessa»), ma le risposte risultano complesse e irrealizzabili, e le posizioni, su un fronte e sull’altro, resteranno di fatto distanti e inconciliabili, soprattutto quando le azioni rivendicative del movimento assumeranno connotati più violenti. Tuttavia alcune istanze, dai piani di studio ai seminari, verranno accolte e daranno un contributo concreto a modificare i vecchi assetti della didattica universitaria.

(Archivio storico dell’Università di Bologna)
Il Movimento degli studenti medi
A partire dal 1967, nelle scuole bolognesi cominciano una serie di manifestazioni, assemblee e occupazioni che negli anni successivi coinvolgeranno tutti gli istituti superiori bolognesi.

27/11/1968 (Biblioteca dell’Archiginnasio)
La prima manifestazione avviene il 31 gennaio 1967, con un corteo di studenti dell’Istituto professionale Aldini-Valeriani e dei licei Galvani, Righi e Minghetti.

1/4/1969 (foto di Luciano Nadalini – Archivio UFO)
Nel marzo 1968 vengono occupati i licei Fermi e Righi e l’Istituto professionale Aldini-Valeriani, ma le occupazioni si diffondono soprattutto dal 1969. Durante le occupazioni si svolgevano lezioni autogestite e gruppi di studio sulle più diverse questioni, alcune più legate alla situazione scolastica, altre più generali, come la guerra in Vietnam.

29/11/1971 (foto di Umberto Gaggioli – Archivio UFO)
Gli studenti mettono in discussione il ruolo della scuola nella società. Una scuola autoritaria e selettiva in base alla classe sociale è ritenuta funzionale a una società ingiusta. Vengono contestati non solo alcuni programmi didattici, considerati troppo nozionistici e avulsi dalla realtà, ma, soprattutto, gli studenti vogliono avere la possibilità di decidere sulla vita della scuola, cambiandola nel senso di una maggiore partecipazione democratica. Da qui l’importanza delle assemblee, intese come momenti centrali della partecipazione studentesca.

1968 (Archivio Marco Pezzi)

1968 (Archivio Marco Pezzi)
Non sempre tutti gli studenti sono favorevoli alle occupazioni, come attestato dalle votazioni delle assemblee, ma la maggioranza sì.
La contestazione nelle scuole superiori
La contestazione coinvolge tutte le scuole superiori bolognesi: i licei, gli istituti tecnici, le scuole femminili come le Sirani e anche l’Istituto per ciechi Cavazza.

Febbraio 1971 (foto di Luciano Nadalini – Archivio UFO)
Alcuni insegnanti considerano negativamente le lotte studentesche, altri invece vedono con simpatia le ragioni degli studenti, e talvolta partecipano alle assemblee, oppure discutono con gli studenti in classe e anche fuori dalla scuola.

I presidi spesso minacciano provvedimenti disciplinari o scrivono alle famiglie per ricordare l’illegalità dei comportamenti dei ragazzi. In alcuni casi chiamano la polizia a sgomberare gli istituti occupati, come avviene per gli istituti professionali Belluzzi e Albini.

7/6/1971 (Archivio Marco Pezzi)

29/10/1970 (Archivio di Stato di Bologna)
La novità del movimento studentesco fa discutere anche l’amministrazione comunale di Bologna. Il sindaco Fanti partecipa a una assemblea alle Aldini-Valeriani, l’11 novembre 1968, sostenendo le richieste degli studenti di partecipazione democratica alla vita scolastica. Nel novembre 1968 ha luogo, nel Consiglio comunale, un dibattito sulle lotte studentesche.

13/11/1968 (Biblioteca dell’Archiginnasio)
L’assessore all’Istruzione, Ermanno Tarozzi, e i consiglieri di maggioranza, tra cui Renato Zangheri, dichiarano di condividere le ragioni della lotta degli studenti per la democrazia nella scuola e per la giustizia sociale, mentre i consiglieri liberali e missini si schierano contro il movimento studentesco.
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