a cura di Fabrizio Billi e Valentina Gabusi
A fronte di una grande produzione di volantini e fanzine da parte delle varie espressioni del movimento del ’77, assai minore è invece la produzione di manifesti murali.
Eppure negli anni Settanta il manifesto murale fu uno strumento di comunicazione importante, utilizzato massicciamente sia dalla politica, sia dalla pubblicità.
Quali sono i manifesti del movimento del ’77 bolognese, o più precisamente, i manifesti realizzati da gruppi che hanno partecipato al ’77?

Se possiamo suddividere i manifesti politici tra commemorativi, informativi ed elettorali (P. Mancini, Il manifesto politico. Per una semiologia del consenso), i manifesti del movimento del ’77 appartengono ovviamente alle prime due tipologie.
Diversi riguardano la morte di Francesco Lorusso, e sono firmati da Lotta continua, l’organizzazione in cui il giovane aveva militato. Nei testi, si chiede giustizia per la morte dello studente bolognese, insistendo che venga punito il carabiniere Tramontani, che lo aveva colpito a morte, e si contrappone la “polizia di Andreotti” al “nostro compagno Francesco”. Le immagini sui manifesti si richiamano a una classica iconografia utilizzata dalla sinistra: foto di manifestazioni, o del compagno ucciso, oppure la foto di un carabiniere intento a sparare un lacrimogeno. Testi e immagini propongono la contrapposizione tra la violenza repressiva e assassina al servizio del governo e il Movimento, visto come unica opposizione.
Per quanto riguarda gli stili grafici, rientrano nei canoni tradizionali: una struttura grafica regolare, composta da un testo, esplicativo o informativo, e da una immagine, come è il caso dei manifesti relativi alla morte di Lorusso. È così anche per il manifesto che riproduce parte dell’appello degli intellettuali francesi contro la repressione. Non dissimili dal punto di vista estetico appaiono i manifesti del Pci, dei partiti dell’arco costituzionale o delle istituzioni locali: in essi è evidente l’intento di informare la popolazione di una situazione ritenuta grave. Abbondano le parole “violenza”, “provocazione”, “difesa della democrazia”, “eversione”: un ritratto della situazione politica completamente differente da quello del Movimento.
Ciò che accomuna i manifesti di entrambi gli schieramenti è un’impaginazione molto tradizionale, l’assenza di “nuove tecniche grafiche, come il fotomontaggio, il disegno satirico, l’assemblaggio di immagini e scritte irregolari” (W. Gambetta, I muri del lungo ’68. Manifesti e comunicazione politica in Italia). Si nota l’assenza, insomma, di ciò che vi era di innovativo nelle forme di comunicazione tipiche del movimento del ’77, che, in particolare a Bologna, si trovano soprattutto nelle fanzine.
Mentre la grafica sessantottina dell’Atelier populaire, con immagini di grande impatto e slogan efficaci e la grafica underground statunitense, erano state riprese anche in Italia, con molti dei manifesti del ’77 bolognese si torna invece a canoni più tradizionali. La grafica diventa più seria e composta, nella misura in cui è più grave il messaggio da trasmettere: la repressione che arriva fino all’omicidio, da una parte, l’attacco alla democrazia, dall’altra.

per l’ordine democratico e antifascista
1977
(Fondazione Gramsci ER)
Solo in alcuni manifesti si ritrovano canoni espressivi innovativi. è il caso di un paio di manifesti realizzati per pubblicizzare Radio Alice, entrambi del 1976. In uno di essi, alcuni redattori della radio innalzano una antenna, sullo sfondo dei tetti di Bologna e delle inconfondibili due torri. Nel cielo della città, un paio di slogan, costruiti con lettere dai differenti caratteri grafici. In un altro manifesto, ispirato ad una celebre opera di El Lissitzky, in cui Lenin parla da una gru, la figura di Lenin è sovrastata da un cartello con la scritta “a piena voce”, mentre alla base della gru vi è un muro con la scritta “potere operaio” e da un varco nel muro escono dei suonatori con vestiti che ricordano i Beatles in Sergent Pepper e Yellow submarine. Insomma, le due torri e il dadaismo, Lenin e la psichedelia: la politica e la creatività, due elementi caratterizzanti il ’77 bolognese.