Le fanzine del ’77

a cura di Fabrizio Billi e Valentina Gabusi

Vi sono strumenti di comunicazione che caratterizzano un’epoca o che sono strettamente connaturati a eventi politici. Il movimento del ’68 e il “lungo ’68” italiano furono caratterizzati dall’uso del ciclostile. Il movimento del ’77 dalle radio libere, nate in seguito alla sentenza della corte costituzionale del giugno 1976 che sancì la “libertà di antenna”, e dalle fanzine.

Fanzine 1. «Vogliamo tutto»
aprile 1977
(Archivio “Marco Pezzi”)

A differenza delle riviste più strutturate e regolari nella pubblicazione, come «Il cerchio di gesso», realizzata da intellettuali bolognesi vicini al Movimento, le fanzine erano fogli dalla periodicità irregolare, di cui solitamente uscivano pochi numeri o anche uno solo, realizzati in offset, tecnica di stampa diffusasi in Italia all’inizio degli anni Settanta che permetteva una composizione libera, in cui si potevano combinare a piacimento, grazie a forbici e colla, foto, testi dattiloscritti e scritte a mano, disegni, fotomontaggi. A Bologna se ne contano una trentina.

Fanzine 2. «Complotto», foglio settimanale in movimento
7 aprile 1977
(Archivio “Marco Pezzi”)
Fanzine 3. «Désir»
maggio 1977
(Archivio “Marco Pezzi”)

Spesso fanzine e radio libere avevano una stretta relazione. è il caso di Radio Alice e della rivista «A/traverso», realizzate in gran parte da uno stesso gruppo di persone.

Già dai nomi delle testate, si nota la differenza rispetto alle riviste politiche precedenti. Se queste ultime avevano titoli che si richiamavano al movimento operaio («Potere operaio», «Lotta continua», «il manifesto»), le fanzine del ’77 hanno nomi come «A/traverso», «Il limone a canne mozze», «Zut», «Il caccolone», «La scimmia», «Il resto del crimine». Solo poche, che non a caso sono espressione di organizzazioni politiche, hanno nomi più tradizionali: «Il corrispondente operaio», giornale del coordinamento operaio autonomo, o «Contropotere», giornale del coordinamento lavoratori enti pubblici.

Fanzine 4. «Red/Azione diretta», supplemento a «Primo Maggio» n. 7
maggio 1977
(Archivio “Marco Pezzi”)
Fanzine 5. «Che cento fiori sboccino che cento lotte esplodano per disarmare il potere»
maggio giugno 1977
(Archivio “Marco Pezzi”)

Nuovi linguaggi e nuove forme di espressione vengono sperimentati nelle fanzine. Non si segue una gabbia grafica ordinata, l’impostazione “di numerosi fogli rifiuta la logica canonica delle riviste politiche… Le testate, l’impaginazione, le vignette, rimandano alla beat generation ed alla cultura underground” (M. Grispigni, Il settantasette), oltre che ad avanguardie del passato come futurismo, surrealismo e dadaismo. C’è molto in comune con il punk. Si abbandona l’idea di una forma pulita, ordinata. Si assemblano lettere in corpi e caratteri diversi, si alternano dattiloscritti e scritte a mano, si usano collages e fotomontaggi. Siamo di fronte a un nuovo linguaggio che rompe con gli schemi tradizionali del discorso politico e privilegia una comunicazione provocatoria e diretta, con un forte uso del paradosso e dell’ironia e a volte del nonsense. E che, con Radio Alice, precorre le odierne forme di comunicazione interattiva, dal basso, proprie dei social network.

Fanzine 6. «La luna o il dito»
giugno 1977
(Archivio “Marco Pezzi”)
Fanzine 7. «L’unanimità»
luglio 1977
(Archivio “Marco Pezzi”)
Fanzine 8. «A/traverso: giornale dell’autonomia»
settembre 1977
(Fondazione Gramsci ER)

Gli argomenti trattati dalle fanzine non sono solo temi politici nel senso tradizionale, ma anche il vissuto quotidiano dei giovani, degli studenti, dei precari, i rapporti tra le persone, l’intreccio tra pubblico e privato. La più nota delle fanzine bolognesi, «A/traverso», rappresenta molto bene questo intreccio di temi. La rivista nasce infatti dal filone politico operaista e dall’attenzione per il situazionismo e il dadaismo, nonché per le elaborazioni di alcuni intellettuali come Foucault, Deleuze e Guattari (L. Chiurchiù, La rivoluzione è finita, abbiamo vinto. Storia della rivista “A/traverso”). Il filo conduttore che unisce questi diversi apporti è il rifiuto del lavoro come unica o quantomeno principale dimensione dell’esistenza umana. Si riscopre il Marx dei Grundrisse (“è giunto il tempo in cui l’uomo smette di fare ciò che le macchine possono fare in vece sua”), con l’innesto delle teorie desideranti di Deleuze e Guattari e il recupero del dadaismo.

Fanzine 9 «Il limone a canne mozze»
1977
(Archivio “Marco Pezzi”)
Fanzine 10. «Il complotto»
1977
(Archivio “Marco Pezzi”)

Come sintetizza Bifo (Franco Berardi), nell’articolo Dalle masse alle masse («A/traverso», febbraio 1977), “il dadaismo voleva rompere la separazione fra linguaggio e rivoluzione, fra arte e vita. Rimase un’intenzione perché Dada non era dentro il movimento proletario, e il movimento proletario non era dentro Dada… il maoismo ci indica il percorso”. Insomma, il “maodadaismo” consiste nella politica più la scrittura e la comunicazione, il tutto volto ad affermare la propria soggettività e ad esprimere i propri bisogni.

Fanzine 11. «Oask»,
senza data
(Archivio “Marco Pezzi”)
Fanzine 12. «Groucho», organo ufficiale delle Kindertruppen
senza data
(Archivio “Marco Pezzi”)

Le fanzine divengono uno strumento in cui si esprimono le soggettività e i contenuti di quello che fu definito “uno strano movimento di strani studenti”, un movimento che, pur derivando dal ’68, lo stravolse.


Come scriveva un volantino di Radio Alice, “Il movimento del ’77 segna una frattura, parte dal ’68 e rompe col ’68, segna la fine della teoria del soggetto rivoluzionario per lasciare posto ai ‘mille soggetti’, segna la crisi pratica della ‘forma partito’ come forma di organizzazione; dalla crisi dei ‘gruppi’ riaffiora la povertà della politica e la ricchezza della vita, dalla fine della militanza emerge l’iniziativa autonoma su pratiche specifiche. Mille gruppi, mille forme di organizzazione”.

Fanzine 13. «Zut nella rivoluzione»
senza data
(Archivio “Marco Pezzi”)
Fanzine 14. «Caccolone Brivido»
senza data
(Archivio “Marco Pezzi”)
Fanzine 15. «La scimmia»
senza data
(Archivio “Marco Pezzi”)
Fanzine 16. «11 marzo, giornale dei non garantiti (praticamente tutti)» foglio saltuario del movimento degli studenti
senza data
(Archivio “Marco Pezzi”)

Un movimento poliedrico, quello del ’77, con diverse sfaccettature, così come erano diverse le fanzine realizzate da chi si riconosceva in quel movimento che, pur nelle diversità, aveva alcuni caratteri comuni: “Confluivano in questa ondata di ribellione le esperienze e riflessioni condotte negli anni precedenti: il superamento della distinzione tra pubblico e privato, avviato dal femminismo, il rigetto dell’impegno politico inteso come volontarismo alienante, la critica delle gerarchie, il rifiuto del lavoro come unica dimensione dell’esistenza, il bisogno di luoghi liberati” (C. Salaris, Il movimento del settantasette. Linguaggi e scritture dell’ala creativa).

Fanzine 17. «Il Resto del Crimine»
1977
(Archivio “Marco Pezzi”)
Fanzine 18. «Zangherì, zangherà, dicci mò la verità», supplemento a «Lotta continua»
aprile 1978
(Archivio “Marco Pezzi”)

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